venerdì 6 giugno 2008

DIARIO DI BORDO


Parto da Bologna con comodo, rispetto la fisiologia del mio corpo che non ne vuole sapere di soffrire prima di un certa ora: sono in sella verso le 11, riprendo esattamente da dove ho lasciato tre settimane fa (bivio in prossimità di un ponte sul fiume Arbia in località Pianella, provincia di Siena) e subito incontro più d’un ciclista, segno che, ancora una volta, le strade da me “battezzate” sono quelle giuste per le due ruote. Dolci avvallamenti mi portano, attraverso la val d’Arbia, alle falde delle crete senesi, dopo una discreta salitina entro nell’incantato paesino di Monteaperti, antipasto al resto della giornata..
Dopo aver sorpassato il raccordo Siena-Betolle giungo ad Arbia dove imbocco la Laurentana (SS348), magnifica arteria dal sapore antico che con continui saliscendi attraversa le famose crete. Non ero mai stato da queste parti, ma ne avevo sempre molto sentito parlare di questa zona; beh, insomma, con un pizzico di ignoranza mi sento di poter dire che assomigliano molto ai nostri “calanchi”, ovvero colline di argilla dal profilo molto spigoloso. Certo, qui il decoro di contorno è perfetto e spettacolare: casali perfettamente ristrutturati con vialetti ornati da filari di cipressi, agriturismi da mille e una notte, strade perfette, ecc In altre parole, tutto molto bello, ma, senza volere sminuire troppo le crete senesi, non sono rimasto folgorato dalla vista dei calanchi toscani.. La strada in sé, come detto, è una meraviglia per le due ruote, soprattutto se motorizzate: continue curve e saliscendi, asfalto perfetto, ovvero terreno fantastico per una moderna “motard”, roba tosta per un granatiere come il sottoscritto che spinge sui pedali tutta la ciccia accumulata nell’inverno, il tutto sotto un cielo bianco e 32° C afosi. Mi aspetto il peggio dal mio organismo, ma invece, con mia discreta sorpresa, fisiologicamente mi sento bene: la famosa vocina da dentro mi dice che è tutto ok e questo aiuta molto il morale e raddoppia le energie.
Giunto ad Asciano riempio la borraccia e mi svesto completamente, fa veramente caldo, sono i primi caldi afosi dell’anno, bisogna stare in campana, “cuocersi” è un attimo.
Seguendo la Laurentana passo per Oliviera, una specie di paese che si erge sopra un’ immensa cava di marmo (o giù di lì), come abbandonata, le cui lisce pareti fanno da contrafforte al paese; quantomeno sorprendente come abbiano scavato fin sotto alle case del paese, tutto ciò ha un colpo d’occhio molto particolare: sono queste le emozioni che cerco. La strada non mi da tregua, arrivare a Trequanda è tosto, non c’è un metro di pianura: si scende nel fondovalle, ponte sul fiume e su di nuovo con strappi duri spesso in doppia cifra; così per decine di chilometri, quasi all’infinito.. Il dislivello si accumula in fretta e la testa mi porta a pensare alla mia schiena, non voglio compromettere ancora una volta la mia salute per la voglia di strafare ma certo quando le gambe, il cuore, la mente ed i polmoni girano così è difficile trattenersi.. il paesaggio aiuta la pedalata, il traffico è d’ora in avanti scarsissimo (così come, invece, lungo le crete è stato fin troppo sostenuto) e la maestosità dei luoghi è assoluta.
Trequanda è il primo di tre magnifici borghi che incontro lungo il cammino: Montisi e Castelmuzio sono gli altri due, difficile immaginarsi posti più belli: valli aspre e boscose, irte ma non strette, scarsissima popolazione, senso di desolazione e medioevo, qua e là, sui picchi più alti, spiccano le torrette e le mura dei borghi, me-ra-vi-glio-so..
L’arrivo su Pienza ha per me un sapore speciale, son posti che in estate con la famiglia frequento già da qualche anno e mi fanno sentire a casa. Il cielo si rannuvola ma non temo la pioggia perché si dice che da queste parti piova tanto quanto nel deserto; la val d’orcia mi accoglie come la culla di un bambino, i campi di grano giallo-verdi “pettinati” come loro solito dai contadini più ordinati e precisi che conosca, l’odore di pecorino nell’aria, le radici che crescono sotto l’asfalto, la strada perfettamente piana, il corpo invaso dalle endorfine: apoteosi.
Il contachilometri parla chiaro, siamo vicini alla soglia critica giornaliera per il mio allenamento attuale, non voglio rischiare di ri-farmi male per l’ennesima volta quest’anno, decido che per oggi basta così; mi butto per terra sui miei materassi in estasi totale.

Nessun commento: